Orvieto e Civita di Bagnoregio!

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ORVIETO

31 DICEMBRE 2015 – Il 31 Dicembre scorso ci siamo ritrovati in casa in un silenzio irreale, albero di Natale spento e noi con gli animi mesti, conseguenza degli eventi tristi del trascorso Natale per la mancanza improvvisa avvenuta il giorno di vigilia, di mamma Concetta! Così per staccare un attimo la spina mentale e fuggire da un atmosfera casalinga fredda e tristissima abbiamo deciso improvvisamente e su due piedi, di fare un bagno di folla che ci aiutasse a distogliere, anche se per poco e non per dimenticarla, i pensieri della triste perdita! Un paio di cambi di vestiario buttati alla meglio in uno zaino e via in macchina, destinazione Orvieto cittadina in provincia di Terni nella bella Umbria!

La scelta è ricaduta su questa città perché nel momento in cui ci siamo chiesti dove andare, è stata la prima che mi è venuta in mente visto che da tempo immemore avevo voglia di scoprirla, il desiderio risale ai tempi in cui la mia mamma me la raccontava, perché Orvieto è stato il luogo di un anno di un suo insegnamento, anno trascorso nella città etrusca assieme a mio nonno Gaetano, preside in una scuola media attigua al plesso scolastico dove mia madre avrebbe preso servizio. Orvieto è una città antichissima, piena di fascino e storia oltre che un centro vivace e ricco di eventi. Arrivati a destinazione nel tardo pomeriggio e trovato un Hotelino modesto con due camere libere, depositiamo i nostri bagagli minimalisti e via alla volta dell’esplorazione di questo centro Etrusco!

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La città si trova in alto rispetto al nostro albergo, quindi prendiamo la Funicolare che collega la stazione ferroviaria con il centro storico, il costo è davvero modico €. 1,30 a corsa! Vi è anche un servizio bus A/R al pari della Funicolare, comunque il biglietto è unico e vale dunque per entrambi i tipi di trasporto e ha una durata di 90 minuti. Lo storico mezzo su rotaie supera in circa due minuti un dislivello di 157 metri e può portare 75 viaggiatori alla volta lungo un percorso di circa 580 metri. Gli abitanti del luogo la chiamano “va e vieni” perché è in prevalenza a singolo binario, tranne un tratto sdoppiato al centro dell’intero percorso che permette l’incrocio nei due sensi di marcia di due vetture. Suggestivo l’ultimo tratto verso Orvieto, l’arrivo in Piazza Cahen è preceduto dall’entrata in una galleria lunga 123 metri e scavata nel masso tufaceo, wow l’ho trovata divertentissima!

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Arrivati in cima ci addentriamo subito nella bella cittadina addobbata a festa. Orvieto per la sua forma strutturale si può definire come sospesa tra cielo e terra, perché ci offre una continua scoperta tra la superficie e ciò che si nasconde nel sottosuolo, credetemi la Orvieto underground è davvero una realtà tutta da scoprire! Nei mie viaggi mi hanno sempre attirato parecchio questi siti che offrono anche esplorazioni nelle viscere della terra: labirinti, passaggi, grotte, cavità, una vera e propria città parallela sotto il suolo che noi calpestiamo a quota zero, e che nel corso dei secoli è stata scavata e modellata dagli abitanti stessi. In attesa dello scoccare della mezzanotte decidiamo di visitare la Orvieto Ipogea che inizia dall’esplorazione del suggestivo percorso del Pozzo della Cava.

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Lo troveremo nel cuore del quartiere medievale alla fine di Corso Cavour e dopo Piazza della Repubblica in fondo alla discesa dell’omonima Via della Cava, il costo del ticket d’ingresso è davvero irrisorio, 3€ e addirittura con sconto studenti. La realizzazione tufacea è stata voluta da Clemente VII e commissionata all’Architetto Sangallo, prima che avvenisse la realizzazione di quello mastodontico di San Patrizio. L’opera si rese necessaria per l’approvvigionamento idrico della città, attualmente è un vero e proprio percorso da esplorare, dopo essere stato riveduto in seguito all’origine e adattato per far si da renderlo agibile ai turisti.

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La visita ci trasporterà nelle viscere della rupe attraverso grotte ricche di ritrovamenti archeologici, dagli Etruschi al Medioevo, dal Rinascimento alla moderna città. Davvero un tuffo di ritorno al passato che ci calerà indietro di diversi secoli e a contatto con tutte le epoche che hanno fatto la storia di Orvieto, oltre scoprire attraverso le sue cavità quanto la vita di allora fosse un brulichio di gente intenta in occupazioni e tutte svolte nella città sotterranea!

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Per la ricorrenza natalizia è anche allestito lungo il percorso un presepe con statue in scala reale, nell’andare avanti notiamo anche un Follone si tratta di una sorta di macchina a cilindri per la lavorazione della lana e adiacente un cunicolo Etrusco per la canalizzazione dell’acqua con una cisterna a Cocciopesto, quest’ultimo è un particolare intonaco per ambienti umidi composto da grassello, calce, sabbia e laterizi, frantumati e ridotti in polvere. Inquietanti davvero i diversi Butti Medievali, ossia buche profondissime che servivano per gettarvi i rifiuti di ogni genere! Ma troviamo anche una tipica cantina completamente scavata nel tufo, serviva a produrre e conservare il famoso vino di Orvieto, la città è talmente legata a questo vino da avergli dato appunto il nome L’Orvieto, proseguiamo e troviamo anche una fornace utilizzata come laboratorio di ceramica, risalente al Trecento mostra ancora i resti del forno di cottura scavato nel tufo della rupe orvietana!

Andiamo avanti nella grotta e ci fermiamo ad una fornace, detta a Muffola vale a dire non a fiamma diretta serviva alla produzione dei Lustri, pregiate ceramiche rinascimentali famose per l’iridescenza dei colori e la bellezza dei riflessi e che hanno oltretutto consentito di annoverare, per la singolare e particolare produzione, il nome di Orvieto fra quelli di Gubbio, Gualdo, Tadino e Deruta.

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Riemergiamo dalle viscere della terra e ci soffermiamo ad ammirare Piazza della Repubblica che da sempre è definito il cuore civico della città con la sua Chiesa di Sant’Andrea, quest’area prima che sorgesse il Duomo era il fulcro della vita religiosa. La Collegiata di Sant’Andrea definita tempio etrusco, fu basilica paleocristiana e sede vescovile, considerata anche Foro Romano già dagli albori dell’epoca medievale, Papi e signori vi giungevano da Via della Cava, per avervi accesso oltre a quello del Palazzo Comunale. Sulla stessa piazza si affaccia il cinquecentesco Municipio, un Arco Neoclassico in travertino, Palazzo Ottaviani, attuale sede della Cassa di Risparmio e dimora dove vi vi alloggiò Giuseppe Garibaldi e infine Palazzo Bisenzi. Il tempo è volato e dunque è ora di cena, entriamo in una trattoria rustica vicino al pozzo precedentemente visitato e decidiamo di mettere qualcosa sotto i denti per affrontare meglio il clima rigido!

Finito di pasteggiare ci spostiamo in Piazza Duomo per un buon caffè e l’attesa del nuovo anno. La facciata della Cattedrale mi lascia esterrefatta, avevo studiato sui libri tale luogo sacro ma vederlo dal vivo è quasi uno shock, rimango basita con il naso all’insù in ammirazione per diversi minuti! Quest’area di Orvieto si trova in posizione decentrata rispetto al cuore della Rupe e sul margine sud est del masso tufaceo, ciò consente di godere della suggestiva visione della Cattedrale da molte angolature panoramiche e quasi da ogni parte della città stessa. Ai lati della piazza ammiro anche le moli di Palazzo Soliano e dei Palazzi Papali e di fronte alla cattedrale il Palazzo dell’Opera del Duomo. Coglie la mia attenzione mentre ruoto su me stessa nell’ammirazione dell’intera piazza, uno stupendo albero natalizio posto su un balcone di uno dei monumentali edifici.

Tutto il manufatto è una delle più belle realizzazioni artistiche del tardo Medioevo italiano, la massima e più importante espressione del Gotico italiano, sviluppata in un disegno su base tricuspidale che si slancia in una verticalità pazzesca verso il cielo, quasi come se volesse sfiorarlo. Tutta la facciata è un animarsi di bassorilievi, decorazioni musive e scultoree, portali strombati, edicole, fregi e modanature che sembrano merletti e che spiccano tra i colori vivissimi accesi e quelli oro, un tripudio di bellezza artistica unico davvero! Usciamo dalla chiesa ormai è ora di salutare il vecchio anno, ci siamo mancano solo cinque minuti alla mezzanotte. Notiamo che la piazza si è riempita di persone e che quasi ad arte si dispongono in cerchio, lasciando libero uno spazio notevole al centro e proprio davanti la chiesa, da li partiranno dei fuochi pirotecnici allo scoccare della mezzanotte. Ho notato con molto piacere, che tutta l’aerea era presidiata da Forze dell’Esercito, dato i tragici eventi terroristici degli ultimi tempi ci ha dato un alone di sicurezza!

Parte il countdown dalla folla all’unisono: 3…2…1…ma benvenuto 2016! Meravigliosi giochi di luce dei fuochi danzano davanti all’imponente facciata, cori spontanei di tutti i presenti inneggiano al nuovo anno e bellissime lanterne volano su nel cielo ad esaudire i desideri di chi le ha lanciate! Io mi son limitata a salutare con un cenno di mano e un pensiero i miei cari lassù in cielo! All’una e trenta rientreremo in Hotel!

 

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Il primo dell’anno lo dedichiamo al seguito della scoperta di Orvieto, una rapida occhiata alla mappa e si va dopo aver parcheggiato l’auto nel mega spazio in prossimità della Funicolare, area di sosta illimitata per tempo gratuita e sicura, tant’è che c’erano anche decine di Camper. Informazione: giova sapere che c’è un biglietto unico al costo di 10€ che comprende oltre l’usufruire dei due mezzi pubblici, anche ingressi in vari siti artistici della città e che si acquista sia presso la stazione FS oppure all’interno del Servizio Turistico Orvietano in Piazza Duomo. Pronti…si parte di nuovo in Funicolare!

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Giunti in città prendiamo un buon caffè in Piazza Cahen e poi puntiamo alla visita della Fortezza dell’Albornoz, l’ingresso è gratuito. Si trova nella parte sinistra della Piazza all’uscita della Funicolare, fu fondata per ordine del Cardinale Albornoz e prima di essa in epoca etrusca nel sito si ergeva un tempio chiamato dagli archeologi, Augurale. Fu fatta edificare perché dopo la vittoria militare e diplomatica del Cardinale, i suoi Capitani e i suoi Vicari non si sentivano tranquilli senza strutture fortificate e fu decisa così la costruzione di una rocca addossata alla Porta Postierla o Soliana, denominata poi Porta Rocca. Eretta sul limite orientale della rupe ha forma quadrilatera, con un palazzotto di fianco alla porta d’ingresso e alle strutture di servizio lungo le mura, a suo tempo la rocca era protetta da un fossato con due ponti levatoi.

 

Distrutta nel 1390, se ne costruì una nuova e della progettazione fu incaricato sempre Antonio da Sangallo il Giovane, architetto di fiducia di Clemente VII. Distrutta in gran parte nuovamente nel 1831, nel 1888 all’esterno le furono riempiti i fossati per i lavori della Funicolare e trasformata in pubblico giardino. Al centro dell’area vi è un anfiteatro con gradinate per spettacoli diurni e un ordine di palchi, veniva impiegato principalmente per le corse dei cavalli. Sempre all’interno dell’anfiteatro furono celebrate a pochi giorni dalla sua morte, le onoranze funebri di Giuseppe Garibaldi. Una curiosità: l’origine della prima rocca, fu quasi sicuramente progettata dal Conte Ugolino di Montemarte un architetto militare, fu quello l’avvio di una fortezza protettiva della città di Orvieto. Lasciamo la Fortezza attraversando la sua porta e ci avviamo verso la visita al Pozzo di San Patrizio, che si vede alle mie spalle nell’immagine di destra.

Il ticket d’ingresso al pozzo costa 5€ e si entra a turni di 40 persone alla volta. Sempre l’Architetto Sangallo su volere di Clemente VII è stato l’artefice della progettazione così come per l’altro pozzo e sempre per assicurare acqua alla città in caso di assedio. E’ profondo ben 60 metri ed ha un diametro di 13, per arrivare giù bisogna percorrere 248 scalini che raddoppiati per la salita fanno 496. Vi confesso che mi son fermata un attimo a riflettere nel valutare se il ritorno poi e la luce del sole all’esterno, mi avrebbero vista riemergere dalle viscere della terra con le mie gambe! Ho avuto seri dubbi di non farcela nel ripercorrere tutti quei gradini in salita, cosa che potete evincere osservando la foto, la sensazione che suscita nel guardare il fondo credo giustifichi la mia titubanza.
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Il manufatto è il risultato evidente di un’opera di alta ingegneria, la sua realizzazione è stata preceduta da studi idrogeologici, scaturiti dall’individuare il sito più adatto per arrivare alla falda argillosa delle sorgenti per poter avere così un bacino consistente per prelevare l’acqua. La sua particolarità è la singolare trovata architettonica della doppia rampa di scala elicoidale, che allora permetteva agli asini utilizzati per il trasporto del liquido di non ostacolarsi nel doppio senso di marcia, infatti al suo interno nessuno incontra chi va nel senso di marcia opposto, vi assicuro geniale! Particolarmente suggestivi sono i 72 finestroni che lasciano filtrare e giocare con le tonalità della pietra la luce, in ogni caso pur ammirandoli ho fatto fatica a sporgermi da essi, mi dava un senso di vertigine l’affacciarmi e guardare sia su che giù.

Dall’immagine scattata mentre attraversavo la passerella per andare a prendere la rampa in salita e che taglia trasversalmente il pozzo, guardando in alto il foro della luce d’apertura si evince bene la profondità…aiuto help me! Nonostante un po’ di mia ansia comunque è stato davvero accattivante immergerci nelle sue profondità verdastre e umide, scattare foto e ammirare tutti gli effetti prospettici e di luce al suo interno, ma anche il rimbalzare sulle pareti dell’eco delle nostre voci e quelle di altri visitatori, mi ha dato una sensazione bella e strana al contempo, una sensazione di vuoto e irreale. Ho lanciato arrivata a quota meno 60 metri dalla superficie, la tradizionale monetina nell’acqua sorgiva, perché come leggenda narra se lo si fa il gesto è propiziatorio per il tornare in superficie.

Ok arrivata in cima e ripercorso tutti i gradini, però…ho superato me stessa non ci avrei mai creduto! Beh, devo dirvi in ogni caso che ho cantato vittoria troppo presto, se son arrivata autonomamente in superficie sopravvivendo agli ultimi gradini, ho rischiato se avessi avuto qualche chilo in più, di non passare attraverso quell’infernale cancello girevole e dal rumore sinistro di una ruota dentata…mamma mia! 😀

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Olè finalmente aria aperta wow! Lasciamo il pozzo e ci dirigiamo in centro città, un fugace sguardo al panorama mozzafiato dall’alto della rupe e via verso Piazza Duomo. La Cattedrale di giorno si presenta a noi in tutta la sua bellezza e l’oro dei suoi fregi scintilla sotto qualche debole raggio di sole che è appena spuntato. Ci mettiamo in fila per entrare in chiesa ed assistere alla Santa Messa la coda è lunga ma scorrevole, anche se avanziamo molto lentamente. Il motivo del rallentamento è dovuto ai controlli con metal detector e al’ispezione delle borse ad opera dei Carabinieri che stazionavano davanti al portale d’ingresso, apprezzo anche stavolta moltissimo tale procedura.

Mentre sono in fila scorgo la pittoresca Torre di Maurizio, sulla quale vi è installata una statua in bronzo dal movimento meccanico e che sarà chiamata familiarmente dai residenti per l’appunto “Maurizio”. Scandiva i tempi di lavoro e di riposo del cantiere quando era in atto la costruzione del Duomo, adesso scandisce normalmente le ore e le mezze ore, per effetto della movenza di Maurizio che colpisce la campana.

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Una volta superati i controlli e entrati nella cattedrale pigiati in mezzo ad una folla paurosa assistiamo alla Santa Messa, addossati al muro della spettacolare navata centrale con il suo bellissimo soffitto a capriata lignea e affiancata dalle due laterali contenenti le cappelle ricche di affreschi e dipinti pregiati. Il rito sarà intervallato da canti stupendi ad opera di un coro Gospel che a fine funzione eseguirà anche un intero concerto, davvero commovente e toccante vi assicuro! Finita la funzione e usciti dalla Cattedrale, ci avviamo per una passeggiata nelle belle vie medievali di Orvieto cariche di residenti e turisti, ma il freddo è assai pungente decidiamo così di infilarci di corsa in una caratteristica pizzeria per recuperare calore e rifocillarci. Torneremo dopo un paio d’ore al nostro Hotel pensando al rientro dell’indomani mattina presto, dunque il nostro breve ma intenso tour finisce.

CIVITA DI BAGNOREGIO

2 Gennaio 2016

E’ il due Gennaio regolarizziamo il conto in Hotel ci avviamo alla nostra autovettura e lasciamo la bella cittadina umbra. Una volta in viaggio dopo pochi chilometri maturiamo lì per lì l’idea che data la vicinanza si potrebbe visitare anche Civita di Bagnoregio, un comune nel Lazio in provincia di Viterbo. Il tempo non è sicuramente dei migliori ma nonostante la pioggia manteniamo questo fuori programma, in fondo son soltanto circa 30 di km di distanza da Orvieto ed è anche di strada per il rientro. Arriviamo verso le undici, parcheggiamo la nostra auto nell’area dedicata il cui costo sarà di 6€. per l’intera giornata e ci incamminiamo a piedi sotto la pioggia avvolti da una nebbia abbastanza fitta! Civita è un esempio di meraviglia unica nel suo genere, un qualcosa davvero fuori dal comune perché è unita al resto della terra da solo un lungo e stretto ponte costruito dopo il cedimento del precedente, ossia al posto della mulattiera d’origine. La città che muore, così viene ormai da tempo definita Civita, la causa di tale funesta denominazione sono dei lenti ma inesorabili franamenti delle pareti di Tufo su cui poggia le sue fondamenta, il paesino racchiude pochissime case medievali ed ha quindi una popolazione davvero esigua, i residenti stabili sempre non raggiungono neanche una cinquantina, ma nei periodi di festività e d’estate per fortuna i turisti vi si recano e animano questo incantevole borgo.

Per la pioggia e il freddo imbardata come un palombaro, assieme ai miei compagni di viaggio temerariamente ci incamminiamo lungo il ponte con altri turisti sia italiani che stranieri e matti come noi all’avventura! L’immagine su vi da il senso della distanza da percorrere a piedi sul ponte per raggiungere il centro abitato. Il sito vale davvero il sacrificio e vi assicuro che le condizioni climatiche di quel giorno contribuivano nel creare un atmosfera incantata e di mistero. Pronti alla sfida dunque, contro il meteo avverso e decisi perché sapevamo che ci aspettava uno scenario ricco di storia, arte, cultura e tradizioni secolari, requisiti fondamentali per farci vivere anche se per poco tempo, un territorio che sembra quasi essersi fermato in un passato che fu.
 
Ogni tanto un alito di vento sospinge la nebbia su un lato e Civita fa capolino come a salutarci e darci il benvenuto, si coglie così con lo sguardo e alla fine del lungo ponte il grappolo di case medievali appollaiate sulla rupe. Dal mio punto d’osservazione è davvero uno scenario affascinante e carico di mistero. Sovente faccio una pausa per me la salita è discretamente faticosa, mentre mi fermo per riprendere fiato noto che il ponte vibra sotto l’effetto del calpestio e l’azione del vento, aiuto! Si…più mi avvicino…e più rilevo che da’ veramente l’idea della città che muore come l’aveva denominata lo scrittore Bonaventura
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Nell’osservare le pareti a picco lungo il perimetro della rupe, sono evidenti le profonde strie quasi incise dagli eventi atmosferici nei grandi banchi d’argilla che la sorreggono, davvero inquietanti si evince chiaramente che sono soggette ad una continua erosione. Una volta in cima provo a dare uno sguardo giù per scorgere il punto da dove siamo partiti, ma vanamente, a causa della nebbia scorgo soltanto un bianco fitto. L’ingresso originario a Civita avveniva da tutte le cinque porte, ma attualmente non è più possibile e ne è agibile solo una, entreremo quindi da quella detta di Santa Maria. Curiosità: come Orvieto anche Civita sorge su delle eruzioni vulcaniche di migliaia di anni fa.
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Con mio grande stupore arrivata in Piazza S. Agostino trovo Bar aperti, trattorie affollate e anche Bed and Breakfast operativi e pieni di turisti, dunque la grande agorà del borgo è animata. Gli edifici medievali come anche negozietti di souvenir, botteghe di tipiche leccornie del luogo e ristorantini deliziosi sono comunque ben tenuti le loro facciate non presentano cedimenti. Dalla piazza partono tutte le viuzze dal lastricato in pietra e dalle atmosfere di un tempo che fu. L’antichissima Chiesa dell’Annunziata domina tutta l’area, di chiara impronta Romanica primo Gotico è affiancata da uno slanciato campanile a torre, in essa sono custodite opere pittoriche di notevole pregio attribuite a Taddeo di Bartolo e Giovanni di Paolo, nel tempio si possono ammirare anche alcuni affreschi del ‘400 raffiguranti S. Antonio da Padova , S. Antonio Abate, S. Monica sul primo altare a sinistra, una Madonna con Bambino e i SS. Bartolomeo e Giacomo presso l’altare di destra, ultima traccia delle pitture che adornavano la superficie laterale deturpata dai rifacimenti barocchi.

Il Presidente della regione Lazio si sta battendo per salvare Civita di Bagnoregio e la Valle dei Calanchi e per ottenere anche il riconoscimento UNESCO come Patrimonio dell’Umanità, direi che la richiesta e l’obiettivo sarebbero più che meritati e doverosi! In questa immagine di una storica cartolina, si può vedere come in origine si raggiungeva il borgo, una lingua di terra sterrata, stretta e ricavata sul costone montuoso tra le pareti a precipizio.

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(Foto presa in rete da: http://www.lacitta.eu/sport/cronaca/5332-civita-di-bagnoregio-in-6-vecchie-foto.html).
Proseguiamo la visita tuffandoci nell’atmosfera medievale delle mulattiere in pietra in cui il tempo sembra proprio si sia fermato, ciò mi porta davvero ad esternare che questa piccola frazione del comune di Bagnoregio in provincia di Viterbo, mi ha davvero rapita, anche sicuramente complice l’atmosfera climatica che le ha dato un alone di mistero. Nell’immagine una tipica stalla uguale a quelle di un tempo che fu’ e un micione ciccione che dorme sornione su un pagliaio al caldo…bellissimo! Curiosità: pensate una volta il ponte poteva essere percorso soltanto a piedi con i disagi conseguenti per i pochissimi abitanti, ma di recente il Comune di Bagnoregio, venendo incontro alle esigenze di chi vive o lavora in questo luogo, ha emesso una circolare in cui in determinati orari i residenti e le persone autorizzate possono attraversare il ponte a bordo di cicli e motocicli.

La nostra visita volge al termine, ci avviamo dando un ultimo sguardo a questa parte di Valle dei Calanchi, per me incantata davvero, ha smesso di piovere ma la nebbia permane quindi ci tuffiamo nel bianco denso come ovatta simile ad un mostro che ci inghiotte e ci fa sparire, togliendoci la visione l’uno dell’altro, la discesa ci aspetta. Ci è dispiaciuto non aver potuto visitare la grotta di San Bonaventura, della quale narra la leggenda che San Francesco guarì il piccolo Giovanni Fidanza ammalatosi incurabilmente. Il piccolo assieme alla madre incontrò il Santo nella grotta, votato alla fede monastica dalla genitrice dopo la guarigione si convertì e venne nominato Bonaventura e fatto Santo a sua volta, da San Francesco. Di sicuro questa grotta non vista costituirà per me un valido motivo per ritornarci, il posto mi ha affascinato e mi piacerebbe anche coglierlo sotto i raggi del sole, di sicuro offrirà scenari altrettanto incantati, ma con ottiche e giochi di luce diversi!
Un altro ultimo sguardo a questa parte di rupe e Valle dei Calanchi che hanno lasciato un segno indelebile nella mia mente estimatrice di questi luoghi, e poi si recupera la macchina dal parcheggio e ci si immette in autostrada per il rientro alla nostra dimora.
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Siamo in autostrada ormai da circa un oretta, sosta obbligata dunque al primo Autogrill per un caffè e poi di nuovo in viaggio. Anche stavolta ho aggiunto altre vitamine culturali alla mia mentale materia grigia, ma molte altre aspettano di far compagnia a quelle già immagazzinate! 😉
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Viaggiare rende liberi e mantiene in vita la mente ed io amo farlo in ogni luogo e con ogni mezzo, dunque vi rimando alla prossima scoperta di un nuovo sito…ciao!
DIRMA NERA

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