Racconto di viaggio: a zonzo sulle sponde del mio amato Stretto!

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IN FUGA VERSO LA MIA BELLA TERRA NATIA, A CACCIA DI NOVITÀ IN CITTÀ E NAVI SULL’ALTRA SPONDA DELLO STRETTO! – 29 Maggio 2016 – Eccomi a raccontarvi una settimana trascorsa nella mia Reggio Calabria, una narrazione che non osserverà con precisione date e ore scadenzate, stavolta mi limiterò ad illustrarvi con lo scritto, semplicemente come ho trascorso quei giorni e cosa ho visto. Come da incipit del reportage, questo viaggetto nel mio bel sud rappresenta una fuga rigeneratrice, ferma per più di un mese senza sconfinare dalla mia residenza è troppo! Per me infatti, la migliore medicina di longevità è appunto evadere fuori porta, almeno una volta ogni 30 giorni. Decisione presa come sempre in cinque minuti, quattro indumenti più un costume in valigia e si parte, io ed il mio Gran Capo Augh facciamo i trasportati, come accade ormai da tempo e alla guida dell’auto mio figlio Kevin con copilota Francesco. Traffico scorrevole dato il giorno festivo, tutto procede liscio senza code e in circa sei ore siamo a destinazione.

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Un tempo mi sentivo già a casa appena si passava sullo Sfalassà, un viadotto lungo ben 375 metri, con un ponte ad arco tra i più alti d’Europa. Adesso appena vedo il viadotto Favazzina con il suo bel ponte strallato, che mi ricorda tanto Dubrovnik, mi sento subito nella mia terra e dai suoi 100 metri di altezza, colgo con un sol colpo d’occhio il bellissimo Stretto, sempre affascinante e ammaliante, con le sue sponde affacciate sul mare azzurro.

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Arrivati in città, facciamo un fugace passaggio da casa per posare i bagagli e riassettarci e via di corsa fuori, direzione il punto più vicino alle sponde siciliane, in prossimità dell’imboccatura dello Stretto. E’ d’uopo come sempre, immortalare il passaggio di navi da crociera, da appassionati croceristi non potevamo esimerci, in questo caso è la Carnival Vista. La zona è precisamente lungo la Statale che corre sopra Cannitello, una frazione di Reggio dove davvero la Sicilia è vicinissima, tanto da immaginare quasi di “toccarla” allungando un braccio! Questo centro abitato era conosciuto come Vallum Kaenis, la valle delle canne, perché quest’ultime vi crescevano in maniera fitta e spontanea. Cannitello, nei secoli passati, fu un porto di sosta per le guarnigioni militari, romane e greche, impegnate in battaglie navali sullo stretto. Conferma di ciò ne sono i ritrovamenti di monete e i pochi ruderi rimasti, in questo piccolo centro marino. Da ricordare anche che un tempo si lavorava la seta, si commercializzava con la produzione agrumaria e ittica, cosa che a tutt’oggi come allora mantiene. Infatti la tradizione peschereccia data l’abbondanza nelle acque dello Stretto, sia del pesce spada che di altre specie, costituisce una delle risorse primarie di Cannitello.

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Il giorno seguente decidiamo di “riscoprire” nella nuova veste, il Museo della Magna Grecia. infatti è stato di recente ristrutturato e ampliato, spero vivamente che adesso possa ritornare ad essere annoverato, fra i poli di rilievo museali archeologici d’Italia. Ormai definito la casa dei Bronzi di Riace è stato arricchito da reperti mai esposti prima, fra cui le già esistenti preziose collezioni che vanno dal Paleolitico all’età della Magna Grecia e le testimonianze delle colonie fiorite in Calabria. Si trova nella centrale Piazza De Nava e vicino al Lungomare Falcomatà, da sempre comunemente chiamato da noi reggini Via Marina e definito storicamente da D’Annunzio, il più bel chilometro d’Italia! Il Museo è stato aperto al pubblico per la prima volta nel 1954, ma di fatto inaugurato nel 1959, nel corso degli anni ha subito diverse trasformazioni. Nel 1981, dopo il ritrovamento dei Bronzi di Riace, è stata aggiunta la Sezione di Archeologia Subacquea, per alloggiare le famose statue. Il progetto di ristrutturazione prevede anche l’ultimo livello adibito a terrazza con punto ristoro e belvedere. Il Museo è stato progettato da un architetto in auge in quegli anni, Marcello Piacentini, che lo ha concepito, dopo aver visto e preso ad esempio i principali edifici d’Europa, con linee moderne rispetto al contesto di allora della città.
Il biglietto d’ingresso è di €.8 per gli adulti e 5 per i minori e gli studenti, il mercoledì invece costa meno, 6€. l’intero e 4 il ridotto, ogni prima Domenica del mese la visita è gratuita ed infine è previsto anche un tour in notturno, perdonate ma non ricordo che giorno della settimana. Per cui amici se andate in visita nella mia bella città, vi consiglio di inserire nel vostro giro turistico, anche il Museo, vi assicuro merita davvero, perché Palazzo Piacentini custodisce innumerevoli testimonianze delle grandi civiltà, che ancora oggi il sottosuolo continua a restituire. Prova ne è la scoperta recente fatta in occasione di uno scavo, per aggiungere in Piazza Garibaldi un parcheggio pubblico. Nel corso dello sbancamento dell’area, sono state ritrovate anfore, vasi e reperti archeologici, che si suppone appartengano ad un antico edificio, ma ancora è tutto da verificare, perché una parte del manufatto, è in una zona del terreno dove ancora non si è scavato. Emergerà qualcosa che di sicuro cambierà o arricchirà la storia di Reggio.

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Quindi riprendendo il discorso sul Museo, scoprirete le fasi della Preistoria e protostoria, della numismatica, vedrete un lapidario, una pinacoteca, oltre la sezione di archeologia sottomarina come anticipavo prima, ogni sala è una scoperta, una finestra aperta sul passato, ogni reperto un piccolo gioiello recuperato alla memoria. Non vi racconto altro, lascio a voi la scoperta, di questo edificio importante per la mia città, che finalmente ha visto una rinascita e che costituisce di sicuro un valore aggiunto a Reggio, restituendole gli albori che vantava nel passato, quando con centinaia di visite museali al giorno, lo rendeva un polo di attrazione turistica!

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Ed eccoci arrivati ai pezzi forti all’interno del Museo, i famosi Bronzi di Riace, che mi riportano indietro ai tempi in cui ero giovinetta, ogni qualvolta li vedo, tanti ricordi tornano alla mente! Furono scoperti il 16 agosto 1972 da Stefano Mariottini, un romano appassionato di subacquea, che si trovava in Calabria per trascorrere le sue vacanze. Nel tratto di mare antistante il comune di Riace in provincia di Reggio, durante una sua immersione distante 200 metri dal bagnasciuga e ad una profondità di 8 metri, scorge qualcosa spuntare dalla sabbia sul fondale, ma nell’immediatezza non riesce ad identificare cosa sia, avvicinatosi ancor di più, identifica una mano di bronzo. Resosi conto che si trattava di un reperto di notevole importanza e della preziosa scoperta che aveva fatto, avverte tempestivamente la Sovraintendenza ai Beni Culturali. Una squadra di sub specializzati, riesce con un lavoro delicatissimo, a recuperare l’intera statua e nei giorni a seguire, compie ulteriori perlustrazioni accurate sul fondale dell’area limitrofa, verrà così trovata anche una seconda statua. I due Bronzi sono stati sottoposti ad un lungo e difficile, oltre che particolare restauro, prima di essere esposte al Museo. Delle due sculture si sa pochissimo ancora oggi e sono ignoti gli autori e i nomi dei personaggi raffigurati, anche la loro collocazione nell’antichità e l’epoca precisa di realizzazione è incerta.

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Tuttavia si sa che rappresentano due figure di guerrieri, si ipotizza anche, che siano risalenti al V secolo a.C. e di provenienza ellenica. Sono alte circa due metri e secondo gli studi recenti, il bronzo chiamato A, che corrisponde a quello più giovane, potrebbe rappresentare Tideo, un feroce eroe proveniente dall’Etolia, figlio del dio Ares, mentre il bronzo con la lettera B, pare raffigurerebbe invece Anfiarao, un profeta guerriero. Le statue furono con probabilità realizzate ad Atene e poi imbarcate, per essere portate a Roma, ma si narra che il battello che le trasportava affondando a causa di una tempesta in mare, perse il suo prezioso carico negli abissi marini. Oggi la sala che li ospita è dotata di un sofisticato sistema di controllo del clima, che mantiene la temperatura costante sia d’Inverno che d’Estate, con un tasso di umidità controllato, un accorgimento studiato per evitare che il metallo vada incontro a corrosione. Le statue sono ancorate saldamente a basi antisismiche, a loro volta fissate al pavimento con un sistema di isolatori e ammortizzatori, onde attenuare i movimenti che potrebbe produrre una scossa di terremoto, preservandone così la caduta dai loro alloggiamenti.

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Per visionare i bronzi, abbiamo dovuto stazionare alcuni minuti in due sale differenti, che precedono quella delle statue, sono ventilate da potenti aereatori per decontaminare l’ambiente, ogni qualvolta si aprono gli scorrevoli per consentire l’ingresso. Che dire altro…mi fermo qui, il resto della storia lo scoprirete recandovi in visita, dal canto mio, pur avendoli visti diverse volte, ne rimango sempre affascinata ed estasiata, la scultura bronzea delle loro masse muscolari è impressionante, precisa, persino nelle vene che corrono lungo i loro corpi, mi danno quasi la sensazione che pulsino! Affermo dunque, che mi son sentita orgogliosa nel riavere un Museo di tutto prestigio, in cui oltre i mitici Guerrieri Greci, ho scoperto con i nuovi reperti in esposizione, molte cose che disconoscevo, ho appreso come tutto il comprensorio reggino, ha aree che raccontano tanto della storia passata, come tutta la Calabria è un bacino di reperti archeologici che potrebbe fare invidia a qualsiasi altra parte d’Italia. Mi auguro che si prosegua così e che venga ben pubblicizzato per indurre i turisti a fare il loro ingresso nelle “viscere” della Magna Grecia e scoprire le bellezze di quell’era, che ha fatto la storia di una città che merita davvero, quale è Reggio Calabria!

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Altro giro altra corsa, oggi andremo a vedere una zona a me ben nota, anche questa in fase di restauro e rivalutazione. Mi è ben nota perché la collina della mia città, mi porta indietro negli anni, quando con il mio motorino, il mitico Ciao e assieme alla mia comitiva, si saliva su al Forte per fare picnic e cantare sulle note delle nostre chitarre! Il piccolo maniero è situato in una posizione panoramica sulla città a dir poco meravigliosa, domina e guarda sul magico Stretto, la località è la collina di Pentimele. La strada che percorriamo in macchina per arrivarci, ancora è in fase di rifacimento, quindi abbastanza angusta e in vari punti disastrata, ma ci si arriva ugualmente. Curiosità: il nome Pentimele risale all’origine greca, equivaleva a cinque Melidi, vale a dire cinque ninfe o sirene. Il fortino attualmente è un cantiere per via del restauro quindi non visitabile, ma noi chiediamo gentilmente se possiamo fare qualche foto per il reportage e ci viene gentilmente concessa una brevissima visita.

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Mentre ci accompagna, il signore gentilissimo ci spiega e racconta, che gli antichi fortini sono uguali nella forma, ma uno più grande, quello in cui siamo noi e che sono orientati il primo a Nord, dal nome Batteria Pentimele e il secondo a Sud, Batteria Pellizzeri, il loro ingresso un tempo era assicurato da ponti levatoi, che nel nuovo progetto saranno sostituiti da scivoli e gradoni. Dal canto mio ho letto sulla guida di Reggio, che al loro interno ci sono le stanze degli alloggi per gli ufficiali, gli alloggi per i soldati, le scuderie e un locale adibito a deposito delle armi. Il forte era dotato anche di una torre sue due livelli, dove nella parte più bassa e priva di scale, venivano segregati i prigionieri. I corridoi interni hanno finestrelle per osservare fuori le mura e scrutare l’area in caso di avvicinamento nemico e in origine al centro delle fortificazioni, c’erano quattro rampe d’entrata e gli incavi dove venivano alloggiati i cannoni. La leggenda narra che dai fortini, attraverso un cunicolo segreto, si può raggiungere il porto e il Castello Aragonese siti in centro città, gli studiosi affermano che l’ipotesi è poco probabile e non verificata a tutt’oggi.
Purtroppo fin dai tempi in cui da giovane andavo sulla collina, il problema del degrado si è perpetrato negli anni a seguire, da come ho potuto rilevare, ritornando sul luogo e osservando l’antica costruzione fortificata. Per fortuna negli ultimi mesi è partito un progetto di riqualificazione che mi rende felice e che potrebbe portare finalmente un po di dignità a questi Forti Umbertini, detentori di tanta storia importante legata a Reggio. Senza tralasciare che per la posizione privilegiata, rappresentano un balcone per eccellenza, di rara bellezza, che abbraccia tutto lo Stretto e offre una visione unica di tutta la città la mia bella città. Un panorama pazzesco, quando il tempo è bello e il cielo lindo senza foschia, si riescono a distinguere nitidamente persino le isole Eolie e tutta la costa siciliana, con una veduta che spazia dall’Etna, fino all’estrema punta della Calabria. L’obiettivo della rivalutazione di questa zona, ci spiega sempre il gentile signore che ci ha consentito di entrare, è creare un itinerario storico del Forte, con percorsi agresti dei luoghi del circondario, offrendo così passeggiate culturali che raccontano e danno la possibilità di scoprire la collina, oltre ad offrire sale all’interno della costruzione, visitabili e che possono ospitare mostre ed eventi.
Approfitto ancora un paio di minuti, per ammirare questo Stretto che è per me un luogo unico al mondo per natura, storia, tradizioni e leggende, per il suo scenario e per il suo clima, per tante particolarità specifiche che lo rendono davvero affascinante non solo sulla terra, ma anche negli abissi del mare, tra Scilla e Cariddi, i due mostri epici che fanno perdere le tracce e i riferimenti storici di questo territorio, nella notte dei tempi! Prima di lasciare il sito, fotografo questo panorama che amo, con la sponda dirimpettaia, ma inquadro qualcosa che mi attira particolarmente, anche se in foto non si vede bene, li in bella vista ancorata al molo del porto di Messina c’è una nave da crociera, la MSC Poesia, perdonate la qualità scarsa della foto, non possedevo un zoom potente!
Il pomeriggio seguente alla stessa mattina lo impegniamo sempre andando a zonzo in aree dell’hinterland reggino. Personalmente mi sgancio dai miei per un paio d’ore, perchè finalmente son riuscita a fissare un incontro memorabile, mi rivedrò e incontrerò dopo più di 30 anni, con due mie bellissime compagne di scuola, Alessandra e Lucia, che emozione e che felicità! A dir la verità dovevano essere tre, ma Giovanna per impegni improrogabili, non è potuta essere presente, va beh ci rifaremo ad Agosto prossimo. Un ritrovarsi nostalgico e felice di tre “matte spensierate” che tornano indietro nel tempo, al primo e secondo banco del Vittorino da Feltre, che gioia rivedervi e che sensazione bellissima riabbracciarvi! Davvero come se non fosse passato così tanto da quando ci siamo lasciate, sempre uguali con la stessa verve e allegria, sempre belle e pimpanti come allora! Decidiamo di andare a prendere qualcosa al bar e chiacchierare raccontandoci l’arco di tempo delle nostre vite nel periodo in cui ci siamo perse di vista.

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Quanti ricordi di scuola, cassetti della memoria che si aprono come per magia al solo vederci, aneddoti che ci hanno fatto ridere non poco, ma anche gossip, ci stava dai come è normale. A fine incontro ci siamo ripromesse di rivederci ancora ad Agosto, quando ritornerò nella mia amata Reggio. Mi ha colpito molto una frase di Alessandra, nel salutare mio marito dopo averglielo presentato, gli ha stretto la mano e ha detto: “sempre uguale Rita, ha tenuto banco con le sue chiacchiere!” E lo so sono un fiume in piena, quando inizio a parlare non mi fermo più, per cui spero di non avervi tediato con i miei bla, bla! Per me questo incontro ha rappresentato molto e mi ha dato la conferma che l’affetto non ha confini, ne distanze, ne tempo, come allora unite, affettuose e gioiose di rivederci. Grazie Alessandra e Lucia, vi voglio un gran bene immutato dai tempi di scuola, siete dolcissime, vi auguro di continuare così con ogni bene per voi, di sicuro sarete le prime che chiamerò assieme anche a Giovanna, quando ritornerò a Reggio. Come recitarono i latini: Verae amicitiae sempiternae sunt!

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Lasciate le mie dolci amiche mi riunisco ai miei “uomini” e decidiamo di andare al belvedere del suggestivo Pilone, che si trova nel fantastico scenario naturale della Borgata di Santa Trada, in posizione unica e dominante sullo Stretto. In verità i piloni son due, un altro è sulla sponda siciliana, simboli  identificativi e indiscussi di questa terra mia. Due giganti ormai integrati e assorbiti dal contesto del paesaggio, che sono stati ribattezzati: “i guardiani dello Stretto”, per la loro mole gigante che incombe all’imboccatura di questo tratto di mare. Ai loro piedi l’unione del Tirreno con lo Ionio, crea correnti che si scontrano nelle azzurre acque, dando origine a fenomeni visivi, che fanno apparire come se il mare fosse diviso in due parti distinte!

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Picco da cui si possono scorgere i laghi di Ganzirri e il Villaggio Torre, una veduta strabiliante che si estende fino al faro con la Madonnina del porto di Messina. I piloni ormai in disuso e sostituiti da un tecnologico cavo dell’alta tensione che passa sott’acqua, in origine portavano per via aerea, l’energia elettrica in Sicilia, ma pur non avendo più alcuna funzione pratica, non sono stati demoliti, oggi rimangono con lo status di monumenti storici tutelati e vengono impiegati per misurazioni meteorologiche e simili. Ma non solo, costituiscono anche un elemento turistico e identificativo della Calabria e quello sulla sponda siciliana, dal 2006 è stato aperto al pubblico e fruibile due stagioni all’anno, la visita richiede di salire una scala composta da ben 2.240 gradini, per raggiungere la piattaforma più alta, quello “nostro” purtroppo no, vi si può salire in rare eccezioni, soltanto con permessi speciali.

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Ho avuto occasione di vedere, credo non più di un paio di volte nella mia vita, un qualcosa di particolarissimo, che avviene sullo specchio di mare tra le due sponde dello Stretto. Di mattina presto e dopo abbondanti piogge, in determinate condizioni di cielo sereno, si verifica il fenomeno della Fata Morgana. Accade che le particelle d’acqua rimaste sospese nell’aria dopo la pioggia, creano come una gigantesca lente d’ingrandimento, facendo in modo che la costa siciliana appaia distante da quella calabra solo poche centinaia di metri, mentre in realtà il punto più vicino dista circa 3 chilometri. E’ un fenomeno che appartiene solo a noi, che potrete quindi ammirare solo sul litorale calabrese, guardando la costa siciliana, ma non al contrario.

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La mia è una terra di incantesimi, di sortilegi, di fate ed eroi, descritta nelle opere di D’Annunzio e raccontata dai viaggiatori inglesi dell’Ottocento. La mia Calabria martoriata purtroppo da fenomeni negativi, ha invece da offrire davvero tanto, se solo le teste che la governano fossero diverse, un area geografica che alimenta la sua magia sospesa tra fiaba e realtà! Un distretto di arte e di scienza, con un passato glorioso e che mi auguro adesso, dopo le rivalutazioni delle zone che ho rivisto, sia proteso verso un futuro di sviluppo e progresso a livello turistico e di conservazione e salvaguardia di tutti i Beni Culturali presenti. Curiosità: il Pilone e’ stato realizzato in maniera tale, da resistere a scosse simiche anche fino a 7 gradi della scala Richter, nel 2006 per “i guardiani dello Stretto” è stata avanzata la proposta di dichiararli Bene Architettonico dell’UNESCO.

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Per concludere la giornata, scendiamo da Santa Trada e facciamo una puntatina alla vicina Scilla! Come ho scritto in un altro mio reportage, questa bellissimo piccolo comune della provincia di Reggio Calabria, per me è uno dei borghi marini più graziosi e caratteristici d’Italia. Sorge su di un alto sperone roccioso a picco sul mare e prende il nome da un racconto mitologico greco, che definisce Scilla una ninfa marina, che per gelosia di una maga e precisamente Circe, fu trasformata in un mostro mentre faceva il bagno in una caletta presso Zancle, nome antico in greco di Messina. Al posto delle gambe ebbe sei teste di cane che latravano, e lunghe code di serpente per capelli, la maga si era innamorata dell’uomo di Scilla, il Dio marino Glauco e lui l’aveva rifiutata, storia raccontata nell’Odissea e nelle Metamorfosi di Ovidio. Siamo a fine di sera e quindi al tramonto del sole, ci sediamo sulla sabbia ancora tiepida, per udire il rumore dell’onda rifrangersi sul bagnasciuga e sentire nelle nostre narici il buonissimo odore prepotente del mare. Sulla linea dell’orizzonte, spicca la punta della costa siciliana con Ganzirri e il sole sta andando a dormire proprio li dietro, dietro il Pilone siciliano!

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E’ piacevole ammirare la spiaggia delle Sirene, così come viene chiamata questa della Marina Grande, da me apprezzata ancora di più quando non è molto popolata come accade in estate, riesco ad assaporare a pieno, la bellezza dell’essere incastonata tra il castello Ruffo e la rocciosa Punta Pacì, con un paesaggio vi assicuro, di rara suggestione. L’arenile è grandissimo, circa 800 metri di sabbia grossa con a tratti la ghiaia e lambita da un bellissimo mare cristallino, di una trasparenza straordinaria, per via dei fondali non sabbiosi. Noto anche che è sempre una località ben attrezzata dal punto di vista ricettivo, Bar, Hotels, B&B e Ristoranti, dove è possibile gustare specialità a base di pesce freschissimo. Davvero un luogo ideale per godere del mare e del sole, protetta da due grandi costoni di roccia separati da una scogliera a strapiombo, le danno la forma di un pittoresco golfo. Ma è anche il mio mare preferito, in quanto amo nuotare nell’acqua alta limpida, sovente munita di maschera e pinne, scruto gli incantevoli fondali ricchi di specie ittiche, alghe e molluschi, fondali ideali a chi piace fare dello snorkeling.
Godiamo prima di andar via, degli ultimi attimi di magia di questo luogo, soprattutto al tramonto, quando la luce comincia ad essere soffusa e sull’argenteo mare tutto ciò che si rispecchia scintilla, credetemi qualcosa di indescrivibile con la semplice narrazione, è una sensazione unica che merita assolutamente di essere vissuta, solo così mi potrete comprendere. Una località turistica dove spira sempre una leggera brezza marina profumata di salsedine, che rende d’estate l’aria poco afosa e per niente umida. Dedichiamo altri scatti che immortalano questo luogo, che ritengo sia fra le località marittime prestigiose del Mediterraneo e che vi consiglio di vedere e andiamo via.

 

 

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Ed eccoci al 2 Giugno giorno per una memorabile ricorrenza, che noi trascorreremo sull’altra sponda dello Stretto. Ci imbarchiamo sull’Aliscafo che ci porterà a Messina, costo del biglietto da Villa San Giovanni, €. 2,50 a tratta, in 20 minuti saremo dall’altra parte del mare fuori dal “Continente”. Oggi in porto nella città siciliana, ci saranno la Nave Scuola Amerigo Vespucci, che è l’unità più anziana in servizio della Marina Militare e due navi da crociera, una delle Eleganti Signore del Mare MSC, l’Armonia e la Jewel Of The Sea della Royal Caribbean. Sarà una giornata molto interessante per noi e ricca di emozioni, foto di rito mia e di Danieluzza, mezzo acquatico preso e via alla volta della città siciliana.
Quasi arrivati presso il porto, scorgiamo per prime le due navi da crociera, la Royal e la MSC, con quest’ultima ho fatto due crociere a breve distanza temporale, l’una dall’altra solo tre mesi, è stata oggetto del programma Renaissance, che ha previsto l’allungamento con l’aggiunta di più cabine e rinnovo dei suoi ambienti. Porta circa 2.679 passeggeri e vi assicuro che è un autentica bomboniera, che vi regalerà una crociera da sogno al pari delle sorelle della flotta più grandi. La Royal ha grosso modo lo stesso numero di passeggeri ed è stata anche rinnovata di recente, non ci ho mai viaggiato, ma prima o poi lo farò, anche se ho una Compagnia che preferisco, mi piacciono le navi da crociera e ritengo che vadano viste e provate tutte. Dopo le prime due, in coda c’è ormeggiato il Vespucci, che nonostante le dimensioni molto minori rispetto a quelle da crociera, vi assicuro si fa notare ugualmente.
L’ingresso per la visita alla Nave Scuola è gratuito e previsto per le 14.30, per cui facciamo qualche foto fugace e ci dirigiamo sotto bordo alle navi da crociera, sinceramente due ore sotto il sole cocente, ad aspettare fermi li per essere i primi della fila, non mi aggradava proprio! Messina ha un porto sulla sponda occidentale dello Stretto, costituito da un’ampia insenatura racchiusa a forma di falce, ai tempi dei Greci le fu dato il nome di Zancle. E’ tra i più grandi ed importanti della Sicilia e del Mediterraneo, oltre ad essere uno dei principali scali turistici, con un primato di oltre 10 milioni di passeggeri trasportati all’anno. La città fu fondata nel 1548 ed è una storica sede universitaria, interessante da visitare per l’Orologio Astronomico, collocato nella torre che fiancheggia il Duomo del XII secolo, per la Fontana di Orione, per quella del Nettuno e per molto altro. La meta più ambita dai turisti che sbarcano a Messina è Taormina, considerata uno dei centri turistici internazionali di maggiore rilievo e bellezza della regione siciliana, conosciuta per l’accattivante suo paesaggio naturale, la conca marina e i suoi monumenti storici.

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Arriviamo sottobordo all’Armonia per salutare qualche amico del crew e scattare foto, la nostalgia di una crociera mi assale, avrei voluto essere davvero una passeggera della nave, in transito in questa città! Le crociere sono i viaggi che amo e preferisco più di qualsiasi altro, cogliamo anche l’attimo in cui un ufficiale in plancia di comando esce fuori e ci saluta, per noi una gioia immensa.

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Le due ore son trascorse e torniamo al molo dove è ancorata la Vespucci, rimaniamo scioccati nel vedere la fila che si è formata, ma la nave merita assolutamente e armati di pazienza e coraggio, ci mettiamo in coda sotto un sole caldissimo a  picco! Non a caso durante le due ore in piedi fra le transenne, per il tempo che ha anticipato l’ingresso in nave, a causa del gran caldo, si son verificati ben tre svenimenti di altrettante persone, compreso un bimbo che si è fatto male. Va beh, passo a raccontarvi qualcosa del Vespucci, meglio! La nave scuola fu varata nel 1931 a Castellammare di Stabia e partì il 2 luglio diretta a Genova, dove una volta arrivata, il suo primo Comandante, Augusto Radicati di Marmorito, ricevette la bandiera di combattimento. Mentre sono in fila con il naso all’insù osservo il groviglio di cime, scotte, sartie e quant’altro c’è su una nave di questa classe, le mie esperienze passate in barca a vela, son servite dunque.

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La Vespucci vista dal lato tecnico costruttivo è una nave con anche il motore, ma se vogliamo disquisire sull’attrezzatura velica è “armata a Nave”, quindi con tre alberi verticali, trinchetto, maestra e mezzana e tutti dotati di pennoni e vele quadre, più il bompresso sporgente a prora, cosa che ho notato per prima e di cui ho discusso con Daniela, per la sua lunghezza è a tutti gli effetti un quarto albero. La Vespucci è inoltre fornita di vele di taglio: i fiocchi, a prora, fra il bompresso e il trinchetto, gli stralli, fra trinchetto e maestra e fra maestra e mezzana, e la randa, dotata di boma e picco, sulla mezzana. Potrebbe apparire abbastanza complicato comprendere questa terminologia, per i meno veterani in materia, ma per i velisti è pane quotidiano, di certo comunque non rapportabili ad un Laser o un 420 o altra barca da diporto!
Gli scatti una volta a bordo si susseguono infiniti, è davvero emozionante calcare il paiolato di questa nave che ha sapore di antico, mi sa di storie di pirati, mi riporta ai racconti di Salgari e che dire di quegli ottoni lucidissimi, davvero era come stare sul set di un film di avventure nei mari. Proseguiamo la visita e non ci esimiamo nei selfie in compagnia degli ufficiali, una mia grande passione, collezionare foto con i membri del crew delle navi, credo che nessuno dei presenti sia potuto sfuggire all’occhio dei nostri telefonini! Mi ha colpito particolarmente il motto della nave: “Non chi comincia ma quel che persevera”, molto significativo direi e molto simile al mio modo di pensare e alla mia testardaggine e convinzione, quando voglio ottenere e raggiungere un obiettivo a tutti i costi! Originariamente il motto era diverso: “Per la Patria e per il Re”, ma per ovvie ragioni fu sostituito una prima volta, dopo il secondo conflitto mondiale, con: “Saldi nella furia dei venti e degli eventi” e infine con quello attuale.

 

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Vi svelo una chicca che ho scoperto! Per legge di navigazione e nella marineria, i transatlantici hanno sempre la precedenza rispetto alle altre imbarcazioni, ma per consuetudine invece, quando una qualsiasi nave incrocia l’Amerigo Vespucci, spegne i motori, rinuncia alla precedenza e rende omaggio suonando tre colpi di sirena, in segno di saluto. Da molti viene definita come “la nave più bella del modo”, cosa non del tutto certificabile, però è anche vero, che incrociare o navigare vicino ad un veliero di tale portata, suscita emozioni forti. La Vespucci, ancora oggi è utilizzata dalla Marina Militare Italiana per formare gli allievi ufficiali dell’Accademia Navale, La Nave Scuola è stata ferma per due anni e mezzo nell’arsenale spezzino, per lavori di restyling, sottoposta appunto ad un intenso programma di manutenzione e totale revisione della timoneria, dell’alberatura, delle strutture di coperta, completamente rinnovata negli interni, compresi gli alloggi dell’equipaggio, anche lo scafo è stato oggetto di manutenzione. Nelle due  foto di seguito, selfie prima con il mio Gran Capo Augh e poi con Il Gran Capo della nave, il Comandante 😉

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E a proposito di Comandanti, fra quellii che si son susseguiti, uno in particolare è passato davvero alla storia, si tratta di Agostino Straulino, un olimpionico di vela, che divenne leggenda, grazie all’uscita a vele spiegate dal porto di Taranto, attraverso uno stretto canale navigabile e stabilì un record, mantenendo una velocità di 14,6 nodi. A tal fine vi riporto un paio di aneddoti su di lui, molto divertenti a testimonianza della sua bravura e destrezza a vela! Una giorno il Vespucci con andatura di bolina, arriva al tramonto presso le coste di Gibilterra, l’avvisatore della colonia britannica, chiede che si identifichino e lampeggiando in morse comunica: “What ship?”, Straulino fa rispondere sempre in morse: “What rock?” Risposta la sua assolutamente tipica e identificativa del suo particolare carattere, una persona si taciturna, ermetica, e orgogliosa, ma allo stesso tempo simpatica, acuta e impavida. Infatti la sua riflessione fu: se tu non sai che questo è il Vespucci, se non lo riconosci, allora io posso anche non sapere che sono nei pressi dello stretto di Gibilterra! Un grande, consentitemi amici di definirlo, arguto e geniale!

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Ma anche quest’altro episodio che vi riporto, conferma la sua destrezza su questa Nave Scuola! A Porthsmouth, dovendo ormeggiare tra un incrociatore ed una portaerei, andò a bordo del Vespucci il pilota del porto per assisterlo come d’uso, ma lui rifiutando i rimorchiatori mise in apprensione il pilota stesso, che quasi svenne dalla paura, perché si riteneva responsabile del disastro che avrebbe potuto compiere il Comandante e che egli a quel punto riteneva certo. Ma Straulino ormeggiò perfettamente governando con abilità e destrezza il veliero, sotto lo sguardo allibito del pilota! Alla partenza pur non volendolo, chiedendo come da regola, l’ora in cui era disponibile il pilota per l’uscita dal porto, il Comandante si sentì rispondere dalla base del porto: “Oh, andate pure, non avete bisogno del pilota”.

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Ore 17.00 la visita è finita si sbarca, mi porto a casa un altro pezzetto di bagaglio di navigazione davvero particolare e unico! L’aver potuto visitare una nave storica di tale portata, non può che farmi sentire soddisfatta e appagata, se poi aggiungiamo anche le altre due da crociera, posso affermare che in questa giornata ho fatto amplein, cosa chiedere di più? Nulla! Direzione molo imbarco per Reggio e tutti a bordo dell’Aliscafo che ci porterà sull’altra sponda dello Stretto.

 

Un altro giorno e ultimi scampoli di questa meravigliosa settimana trascorsa nella mia bella Reggio, finalmente il sole ha deciso di far sentire la sua presenza e così ne approfittiamo per fare la nostra prima giornata di mare, in quel della meravigliosa e magica Scilla.

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Intorno alle 16.00 facciamo rientro, ma prima ci soffermiamo ad un belvedere lungo la Statale, sappiamo che di li a poco il Vespucci passerà, dopo aver lasciato il porto di Messina, per navigare alla volta della sua prossima tappa, Trapani. Detto fatto eccolo li all’orizzonte, l’ho immortalato tra le maglie di una recinzione fiorita! La serata si concluderà con la festa del compimento del primo anno di Giosuè, il mio bellissimo nipote.

 

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Sabato giorno prima della nostra partenza, il sole permane e riandiamo al mare, stavolta optiamo al posto della Tirrenica, per la costa Ionica e piantiamo l’ombrellone sulla spiaggia di Annà, rimarremo solo la mattina a dir la verità, perché un ventaccio davvero fastidioso, ci costringe a non fermarci fino al pomeriggio. Poco male il resto della giornata, la impiegheremo per un altra visita ad un luogo altrettanto interessante, aperto al pubblico da Novembre dello scorso anno. Finalmente potrò vedere quello che per tanti anni e sopratutto risalenti a quelli universitari, ho ammirato dall’esterno seduta sulla panchina dei giardinetti adiacenti, si tratta del Castello Aragonese. E’ la principale fortificazione della mia città e si trova nell’omonima Piazza Castello, precisamente tra la via Aschenez e la via Possidonea. Viene considerato insieme ai Bronzi di Riace, uno dei principali simboli di Reggio, l’ingresso per la visita è gratuito.

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Questo Castello è denominato Aragonese, ma in realtà la sua età è ancora più antica. Durante la sua vita, fin dall’origine nel corso dei secoli è stato restaurato ed ampliato dai suoi conquistatori i Normanni, che vi stabilirono la corte, poi dagli Angioini e infine dagli Aragonesi. Fu comunque Ferdinando I d’Aragona nel 1458, a far eseguire le modifiche più consistenti al castello, che raggiunse così la sua massima grandezza, Purtroppo la decadenza dell’edificio è cominciata all’inizio dell’Ottocento proseguendo nel corso degli anni a seguire, compresi i danneggiamenti sopratutto durante il terremoto del 1908, altri crolli e demolizioni ne hanno segnato la storia, fino a quando recenti restauri lo hanno riportato ad essere fruibile, oggi è sede di esposizioni e mostre d’arte, oltre che monumento turistico ed è entrato nel circuito del FAI.

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Affacciata alla cinta muraria di una delle torri, fotografo con un brivido di emozione e un velo di tristezza, il plesso elementare del Principe di Piemonte, con il pensiero corro alla mia bella mamma che insegnava li, la sua aula era proprio quella della penultima finestra a destra al piano terra. Che ricordi, quando assieme alla mia amica Patrizia, prima di entrare all’università o per lezione o per esami, passavamo e lei ci porgeva da quella finestra le merendine, dicendo che la mente per lo studio ha bisogno di zuccheri, che dolce nostalgia mi provocano questi flash back nella mia mente!

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Scendiamo dalla torre e ci avviamo all’uscita dal Castello, la visita è finita, ma devo fare un appunto che mi rammarica parecchio, con mia grande meraviglia ho visto che le pareti delle stanze al suo interno, son state stuccate allo stesso modo di quelle di un appartamento residenziale, davvero un peccato e una scelta fuori dai canoni convenzionali di conservazione di un bene antico, mi piacerebbe sapere perché sia stata applicata tale procedura, piuttosto che lasciare la pietra faccia vista originale. Prima di lasciare il maniero, ho scritto un commento inerente sul libro dedicato, nel leggere sulla stessa pagina, cosa avessero pensato gli altri in visita compreso turisti stranieri, ho scoperto che come me avevano notato la negatività, nel restauro di un opera di tale importanza e così antica!

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Ma una volta fuori le emozioni non finiscono! Ecco la mia Università, la facoltà di Architettura, che adesso è sede della Procura ed è sempre presidiata dai militari come si può vedere in foto. E anche qui corro con la mente ai ricordi, ha la precedenza quello del primo giorno di ateneo, io e Patrizia matricole inesperte che arriviamo davanti all’edificio e proprio poco prima dell’ingresso, veniamo attorniate dai nonni della facoltà. Con i loro mantelli e cappelli universitari a punta, pieni di ciondoli strani e gadget, ci imprigionano formando un girotondo umano e cantandoci le canzoni goliardiche dalle strofe irripetibili, testi dal contenuto fra l’allegorico e l’osceno! Che paura, tremendamente intimidite e strette l’una all’altra, non sapevamo cosa fare o come fare, per sfuggire a quel macabro rituale, ed ecco che arriva il nostro salvatore, il compianto e amato amico Pietro La Torre. Già studente universitario da un paio d’anni preso la facoltà, con imponenza e la sua voce dal tono deciso e fermo e dall’accento gioiese tuona: ” Ooooo chi stati facendu, chissi su roba mea, forza dassatili iri! “. Come d’incanto il cerchio si apre e con fare rispettoso verso un collega della loro stessa anzianità, i nonni chiedono scusa e se ne vanno. Ciao Pietro ogni tanto ti penso, manchi davvero e tanto…vita bastarda!

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Lasciamo Piazza castello e facciamo una passeggiata sul Corso Garibaldi, l’agorà della mia città, dove da giovani le cosiddette “vasche” erano un classico, si andava avanti e indietro lungo il viale per ore, giusto per finire la giornata, con chiacchiericcio e a far nulla. Anche questa importante arteria di Reggio è in rifacimento, interdetta al traffico ormai da tempo, la pavimentazione sta subendo un restyling del look, sarà riportata all’antica origine in basolato lavico.
Stasera ho appuntamento con un altra bellissima amica di gioventù e dei tempi del Liceo Artistico, è Rosa Maria, Rosy per me! Rivederci è sempre una gioia ed ogni qualvolta vado nella mia bella città, trascorro parecchio tempo con lei, condividendo giornate a mare, passeggiate a chiacchierare in Via Marina, fra risa e “cartoline del pubblico”…lei sa! E’ d’uopo la nostra consueta granita di caffè con panna e brioche e l’immancabile nostro selfie. Che dire altre due “matte allegrone” accomunate dalle stesse cose e stessi modi di vivere, che si son ritrovate dopo tantissimi anni trascorsi dall’età di giovinette, grazie al famoso network Facebook.

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Il Sabato volge al termine, un abbraccio e un saluto alla mia cara Rosy, quattro passi ancora su quello che storicamente è stato definito il più bel chilometro d’Italia, foto all’affascinante amato stretto, con sempre una nave da crociera in transito e attendo le 19.00. Ora che concretizzerà un amicizia virtuale, con due persone che hanno la mia stessa passione.
Si tratta di Antonella e Giovanni, una coppia di croceristi appassionati come me, nonché estimatori della Compagnia MSC e Fans della Community e dei nostri canali media. Ho avuto il piacere di abbracciarli affettuosamente e ci siamo ritrovati a chiacchierare come se ci conoscessimo da sempre, davvero due belle persone, con cui ho trascorso un oretta di scambi di battute, di viaggi in crociera e notizie sulle nostre vite. Spero davvero di rivedervi ad Agosto e poter stare ancora più a lungo in vostra compagnia, è stato piacevolissimo…grazie! Con una bellissima foto, immortaliamo a testimonianza questo momento. E’ sempre una gioia per me conoscere di persona, contatti e amicizie virtuali, con cui ho interagito soltanto attraverso lo scritto.

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Domenica mattina! Bagagli caricati si rientra alla base, i figli come sempre avanti, pilota Kevin e copilota Francy ed io ed il mio gran Capo Augh facciamo i comodi trasportati, il tempo è nuvolo ma meglio così, viaggeremo senza mandare il clima a tutto spiano.

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La settimana nella mia bella città è volata, ma non importa, fra poco più di un mese la rivedrò. Appagata riprendo la routine, la flebo rigeneratrice del viaggetto è stata vitale!
The end….arrivederci al prossimo tour! 😉

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