Bomarzo. Un compleanno nel Bosco Incantato!

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VOI CHE PEL MONDO, GITE ERRANDO VAGHI DI VEDER MERAVIGLIE ALTE E STUPENDE, VENITE QUA DOVE SON FACCE ORRENDE, ELEFANTI, LEONI, ORSI, ORCHI E DRAGHI! – 22 Maggio 2016 – Eccomi a raccontarvi un altro compleanno trascorso a zonzo “fuori porta”, dato che non amo festeggiare in casa, ormai non ho più l’età e il regalo più bello che mi si possa fare, è proprio un tour alla scoperta di luoghi nuovi. Come consuetudine zaino in spalla, con dentro semplicemente una bottiglia d’acqua e qualche biscotto e di buon mattino si parte alla volta di Bomarzo, sito nel lazio. Precisamente un Comune in provincia di Viterbo, dove oltre il borgo di notevole rilievo, c’è questo complesso monumentale, avvolto da miti e leggende, che coinvolge con il suo mondo onirico, giocoso e edonistico, ma anche un luogo di una manifestazione d’amore sublime per l’amata persa, di cui vi racconterò di seguito. Un Parco che affascina davvero e colpisce, in special modo se lo si visita dopo aver letto prima la sua storia, il perchè è nato e per cosa è stato creato, senza questa premessa, la finzione scenica dei suoi manufatti, osservando il tutto, sminuisce il coinvolgimento e le sensazioni che si possono provare! Non vi descriverò e narrerò tutte le opere artistiche viste, proprio per lasciarvi scoprire da soli almeno qualcosa, ma le statue più salienti, le troverete descritte di seguito.

Eccoci arrivati! Il sito è dotato di due parcheggi abbastanza grandi, per autovetture e pullman, uno in alto lungo la strada che conduce al parco e un altro giù in prossimità dell’entrata, la sosta è gratuita. Tuttavia se si lascia la macchina su, ci sono circa 200 metri da fare per arrivare all’ingresso, all’andata poco male perché è in discesa, ma direi alquanto dura a fine visita, farla tutta in salita, infatti mi son fatta recuperare! Vi informo dal momento in cui il parcheggio basso si riempe, bloccano la via per valle e le auto le indirizzano a quello su. Il Parco è aperto tutto l’anno e il costo d’ingresso è di 10 euro per gli adulti, 8 per i bambini dai 4 ai 13 anni e 8 per gli studenti. Le persone diversamente abili entrano gratuitamente e i gruppi di almeno 30 persone, pagano 8 euro ciascuno, è previsto un ingresso gratuito per l’accompagnatore e anche per l’eventuale autista del pullman, oltre al libro con la storia del Parco in omaggio, cosa riservata sempre solo alle comitive. Purtroppo non sono ammessi i nostri amici pelosetti, eccetto i cani guida.

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Il Bosco sacro è stato voluto dal Conte Vicino Orsini, lo fece fare per dedicarlo all’amata moglie Giulia Farnese, i lavori di costruzione furono affidati all’architetto Pirro Ligorio, lo stesso che finì dopo la morte di Michelangelo, San Pietro in Roma. E’ un luogo per definizione del Conte:”dove sfogare il core”, ma non soltanto, il suo intento con questo parco, fu quello di stupire chi andava a visitarlo e allo stesso tempo, porgere una comunicazione culturale, stimolando l’intelligenza dello spettatore, per via dei richiami storici, leggendari e degli enigmi. In effetti a fine visita, ma anche durante, ho fatto una riflessione, è una perfetta fusione tra natura e misticismo, è un connubio di tradizioni, da quelle pagane a quelle magico esoteriche, a quelle alchimistiche e esotiche che di sicuro vi disorienteranno come è accaduto a me, lasciandovi imbambolati nell’ammirare! Il Parco ha un ampiezza di circa 3 ettari, ed è popolato da conifere e latifoglie, le statue presenti sono tutte realizzate in peperino, una pietra tipica di queste zone del Lazio e direi anche abbastanza costosa, visto che l’ho acquistata per fare il caminetto di casa. Prima di addentrarci nel verde incantato, prendiamo un caffè e compriamo due toast per il pranzo, vi informo che subito dopo la biglietteria, nello stesso locale vi è un area ristoro con un Bar fornitissimo e anche uno stand, dove potrete acquistare gadget o altri souvenir del luogo.

Mappa alla mano, seguendo il percorso diamo inizio all’esplorazione, varchiamo l’arco d’ingresso in pietra e ci troviamo subito di fronte alle prime due sculture, a guardia di porta! Si tratta delle Sfingi, volute dal Conte e messe proprio lì, perché nell’età greca venivano considerate guardiane delle città sacre e avevano la fama di strangolatrici. Curiosità: le Sfingi erano la punizione di Era per la città di Tebe, perché chi voleva entrare, per aver via libera, doveva prima saper rispondere ad un indovinello che loro ponevano, ma se sbagliavano venivano uccisi! L’indovinello era: quale è l’animale che al mattino cammina con quattro zampe, a mezzodì con due e alla sera con tre…a voi l’ardua risposta! Ogni Sfinge ha la riflessione del Conte palesata tramite scritto inciso sul basamento, una è: “chi con cigli inarcate et labbra strette non va per questo loco, manco ammira le famose del mondo, moli sette!”, mentre  l’altra: “tu ch’entri qua, pon mente parte a parte e dimmi poi se tante meraviglie sien fatte per inganno o pur per arte!”

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Ci lasciamo le inquietanti Sfingi alle spalle e scendiamo una scaletta in pietra, come da percorso suggerito, ci troviamo subito di fronte alla scultura gigantesca di Proteo. E qui mi ritrovo nel mio amato Stretto, perché Proteo non è altro che Glauco, figlio di Oceano e Teti, Glauco bellissimo pescatore, amato dall’affascinante Scilla, trasformato poi in mostro marino dalla gelosa maga Circe, nei pressi di Capo Peloro in Sicilia e il cui aspetto orrido, subiva continue metamorfosi ogni volta che riemergeva dall’acqua del mare. E’ un grosso mascherone antropomorfo, con la bocca spalancata, la sua storia per intero, l’ho già raccontata in un reportage recente sulla mia bella città Reggio Calabria, per cui non mi dilungo oltre per non tediarvi.

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Proseguiamo il tour seguendo sempre la piantina e giungiamo nel piazzale delle Pigne, quest’ultime in forma gigantesca, cingono a perimetro quasi tutta l’area, fino ad un angolo dove è alloggiata, la scultura di Proserpina e dal cane Cerbero, guardiano degli inferi. La dea figlia di Cerere, mentre raccoglieva dei fiori presso un lago vicino Enna, fu rapita e poi sposata da Plutone, il dio dell’Ade (regno dei morti), che se ne era innamorato perdutamente. Divenne così anche lei regina dell’Ade, ma Plutone per gelosia la teneva segregata, la madre di lei avvilita, supplicò il dio di liberarla, le fu concesso ma a patto che trascorresse sei mesi ogni anno con lui. Fra Proserpina e Cerbero, ci sono le due statue dei leoni, simboli degli stemmi viterbesi. Devo dire che Proserpina, con le braccia aperte in segno di accoglienza e le gambe altrettanto, fa una certa impressione davvero!

Lasciamo i simboli degli inferi e ci imbattiamo in un complesso scultoreo mastodontico. si tratta delle statue raffiguranti la lotta fra due giganti della storia, nel vero senso figurato della parola date le dimensioni, Ercole e Caco dalle tre teste con bocche che sputavano fuoco. Si narra che Ercole durante un pascolo dei suoi buoi si appisolò sotto un albero, ma al suo risveglio nel contarli, si accorse che mancavano diversi capi di bestiame, sentendo i loro muggiti in lontananza, ne seguì le tracce sul terreno e giunse dove erano tenuti. Scoprì così che Caco li aveva rubati e portati nella sua grotta, lo affrontò e con la sua forza potente lo uccise staccandogli le teste! Questa statua è in assoluto la più grande del parco.

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Mi siedo il tempo di fumare una sigaretta e riprendere fiato dato il gran caldo e poi di nuovo in esplorazione, arriviamo davanti ad una fontana, con grande vasca circolare che ospita al centro Pegaso, un altra figura mitologica. E’ il cavallo alato simbolo del volo verso le acque celesti del cielo, infatti appunto il nome Pegaso, dal greco significa sorgente, in questo caso sta a simboleggiare lo spiccare del volo per annunciare la vittoria degli Dei.

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Continuando il tour, un altro gruppo in pietra dal fascino misterioso, è quello formato dalla Tartaruga e il  Mostro Marino, identificato per le fattezze, come una Balena. La tartaruga ha un corpo di donna che poggia su una palla in pietra, a sua volta alloggiata sul carapace dell’animale ed è la Dea alata Nike, ma la cosa che mi attira, è la forma della pietra su cui poggia la tartaruga, una sorta di prua di nave. Il significato metaforico del pezzo di barca, sta nell’azione vera e propria, ossia la tartaruga è in procinto di navigare e attraversare le acque per poi sprofondare, ma sprofondare non negli abissi marini, ma nel ventre della balena dopo essere stata inghiottita. Questa azione filosoficamente disquisendo, viene associata allo sprofondare in se stessa, rappresentazione quindi dell’introspezione, ma anche un chiaro cenno alla favola di Pinocchio, ecco il connubio mitologia e fiaba. La scena mostra evidente, che l’anfibio che trasporta la donna ha gli occhi terrorizzati e spalancati, per via del mostro marino che lo fissa in maniera cattiva, cosciente quindi la tartaruga che presto sarà catturata nelle sue fauci! Coraggio, avventura e protezione (la donna in cima), sono anche altri segnali, che ci vuole comunicare il complesso scultoreo.

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Il prossimo monumento che incontriamo lungo il tragitto, è il Teatro dalla simbologia puramente religiosa, ma veramente del teatro c’è ben poco, se non soltanto l’esedra del palcoscenico. Serviva a rappresentare l’avvicinamento dell’uomo alle divinità, attraverso scene di spettacoli, riti e danze sacre. Sul frontone della costruzione, rimane una parte della scritta che fece mettere il Conte: “per simil vanità mi sono accorto, che il tempo fugge e il viver parmi corto! “. La frase richiama le sette celle incavate nella parete, che alloggiavano altrettanti specchi, messi a identificare la vanità, in cui specchiarsi e accorgersi del passare del tempo, quindi un netto contrasto con la religiosità. Ho rilevato che molte delle sculture presenti al parco, andavano in contraddizione con quello che rappresentavano storicamente, per via delle frasi dal significato opposto al pensiero originario.

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Tenetevi forte amici, eccoci arrivati al pezzo davvero più strano e misterioso oltre che accattivante del Parco, La Casa Pendente! Infatti è l’attrattiva maggiore del Bosco Sacro, l’esperienza ottica e gravitazionale, sia esternamente, ma sopratutto internamente, è stata per me davvero sconvolgente, preparatevi quindi a provare sensazioni uniche! Adrenaliniche ma al contempo di paura, di mancato equilibrio improvviso e disorientamento o quasi di smarrimento al suo interno, non riesco davvero a trovare aggettivi, per descrivervele, a causa delle strane percezioni che ho provato! L’intero edificio è pendente rispetto al suolo, quindi non perpendicolare ed è stato costruito così per volere di Orsini. In origine l’ingresso al Bosco, era proprio in prossimità della casa e quindi la prima cosa da vedere, proprio perché il Conte, voleva dare subito una prima forte emozione ai visitatori appena entravano. Vi assicuro che ho fatto davvero fatica a stare in equilibrio, ma non solo, una volta che ne sono uscita, mi son dovuta sedere e star ferma tranquilla, ad aspettare che nelle mie orecchie si risistemasse l’organo dell’equilibrio, per riacquistare fermezza sulle gambe…avevo oltre le vertigini, anche un po di senso di nausea… aiuto! Comunque niente paura, non a tutti accade quello che che è accaduto a me e poi vi assicuro ne è valsa la pena, una sensazione che difficilmente si prova se non in una condizione di pericolo, e che ognuno spera mai accada! Sulla casa c’è uno stemma con la scritta: “Quiescendo animus fit prudentior ergo!”, un invito alla prudenza figlia della calma.

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Prima di arrivare ad un altro pezzo scenografico, incontriamo la statua della Dea Cerere circondata da grandi vasi colmi di cibarie, una matrona che portò agli uomini le coltivazioni dei campi. Infatti ha la testa cinta da spighe e un cesto con frutta e grano sopra. Sempre proseguendo c’è la ninfa dormiente, simbolo della fecondità e della grazia, dal nome dato da Ligorio l’architetto, Nife.

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Ed eccoci arrivati all’Orco! Un faccione con una bocca colossale e gli occhi spalancati, che ricordano quelli del mostro oracolare e che lascia carpire una stanza buia e misteriosa nelle sue fauci. una fusione fra arte, inganno, fiaba e incubo! Però la scritta che leggo e che campeggia in alto all’entrata, per un attimo mi fuga questa sensazione: “Ogni pensiero vola!” nel senso lasciate ogni pensiero o voi che entrate. Ecco la sensazione fugata ritorna, mi sono soffermata un attimo a riflettere, davvero inquietante credetemi, perché il significato è lo stesso della scritta all’entrata del primo cantico dell’Inferno dantesco e allora et voilà spiegato perché anche inganno. Il suo vano buio, è una camera scavata nel tufo, preceduta da una scalinata, con un tavolo e due sedili in pietra, una volta al suo interno, provate a parlare e urlare, le vostri voci saranno amplificate e distorte, tanto da sembrare spaventose, sperimentato…eccezionale!  La visone dentro la caverna, mostra il profilo della bocca dentata e crea un effetto particolare, con la luce che filtra come una saetta.

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E siamo arrivati alla fine del tour nel Bosco Sacro! L’ultima cosa che vediamo è il Tempio, il culmine della dimostrazione d’amore di Vicino Orsini alla moglie Giulia. Ha una struttura ottagonale, con una cupola sopra ricoperta da bassorilievi di stelle, a rappresentare la volta celeste e fu eretto venti anni dopo la nascita del parco, per onorare la memoria della moglie scomparsa, In stile Dorico, si trova un attimo isolato dal resto del contesto, su una specie di collinetta e circondato da vasto e bellissimo prato che da una sensazione di pace. Al suo interno ha una piccola aerea circolare, con tutti i segni zodiacali sulle pareti, adesso è intitolato a Tina Severi Bettina, che morì seguendo i lavori di restauro, a causa di una caduta accidentale. La mia impressione, più che di un tempietto, è stata quella di una piccola chiesa, in stile cinquecentesco con protiro, edicola e frontone, nell’ultima immagine di seguito, si vede l’ingresso originario del parco.

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Ore 16.00, il nostro tour è finito, ci dirigiamo al punto in cui siamo entrati la mattina e ci sediamo ad un tavolo con panche, nell’area attrezzata a pic nic, consumiamo il nostro pranzo e infine non può mancare una foto di noi, a ricordo della giornata trascorsa in occasione di quest’altro bellissimo mio compleanno!

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Prima di uscire saggio la bocca della verità, una scultura all’interno del punto ristoro e fotografo anche una interessante gigantografia appesa al muro, che raffigura come era un tempo questo luogo!

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La nostra gionata “fuori porta” è terminata si rientra alla base. Un grazie colmo d’amore va al mio Gran Capo Augh e ai miei figli, ho trascorso un altro compleanno indimenticabile! Il più bel regalo che potessero farmi, quelli materiali come gioielli o altri oggetti costosi non mi interessano, considero doni preziosissimi e dal valore inestimabile, i tour alla scoperta di nuovi luoghi, le crociere e tutti i viaggi in genere.

Viaggiare rende liberi e noi applichiamo questa regola da sempre.

The end ciao…e alla prossima meta! 😉

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